martedì 4 giugno 2013

Libertà d'informazione: notizie dal web

Libertà d’informazione, Reporter Senza Frontiere classifica l’Italia al 57simo posto: dopo Ungheria e Moldavia 
Pubblicato il 30-01-2013


Rapporto-Giornalisti-senza frontiereDopo le cosiddette Primavere arabe e gli altri movimenti di protesta che hanno causato molti “saliscendi”, la Classifica della Libertà di Stampa 2013 di Reporter Senza Frontiere segna un “ritorno alla normalità”. «La posizione in classifica di molti Paesi non è più attribuibile ai considerevoli sviluppi politici. La classifica di quest’anno rappresenta una più attenta riflessione degli atteggiamenti e delle intenzioni dei governi nei confronti della libertà degli organi di informazione a medio e lungo termine» si legge nella nota pubblicata da Rfs Italia. Gli stessi tre Paesi europei che guidavano la classifica lo scorso anno detengono le prime tre posizioni anche quest’anno. Per il terzo anno consecutivo, la Finlandia si è distinta come il Paese che più rispetta la libertà di informazione. E’ seguita da Olanda e Norvegia. Nonostante siano stati considerati molti criteri, che vanno dalle legislazioni in materia degli Stati alla violenza contro i giornalisti, i Paesi democratici occupano la testa della classifica, mentre quelli dittatoriali occupano le ultime tre posizioni. La maglia nera per la libertà di stampa va nuovamente agli stessi tre paesi del 2012: Turkmenistan, Corea del Nord e Eritrea. ma l’Italia non è da meno attestandosi al 57° posto.
LA DEMOCRAZIA  FAVORISCE LA LIBERTA’ DI STAMPA – «La Classifica della Libertà di Stampa 2013 pubblicata da Reporter senza frontiere non prende in considerazione diretta il tipo di sistema politico; risulta chiaro tuttavia che le democrazie offrono una migliore protezione alla libertà al fine di produrre e far circolare notizie e informazioni accurate, rispetto ai Paesi dove i diritti umani vengono spesso sbeffeggiati» ha dichiarato il segretario generale di Rsf, Christophe Deloire.
L’INDICATORE – In occasione della pubblicazione della Classifica della Libertà di Stampa 2013, Reporter senza frontiere pubblica per la prima volta un “indicatore” annuale globale della libertà dei media nel mondo. Questo nuovo strumento analitico misura il livello complessivo della libertà di informazione nel mondo e la performance dei governi mondiali nella loro completezza per quanto riguarda questa libertà fondamentale. Vista la progressiva affermazione delle nuove tecnologie e l’interdipendenza tra governi e popoli, la libertà di produrre e diffondere notizie e informazione in senso lato ha bisogno di essere valutata sia a livello mondiale che a livello nazionale. Oggi, nel 2013, il suddetto “indicatore” della libertà dei media si fissa a 3395; essendo il primo, rappresenterà il punto di riferimento per gli anni a seguire. Tale indicatore può anche essere “scomposto” regionalmente e, attraverso una ponderazione basata sulla popolazione di ciascuna regione, può essere utilizzato per produrre un punteggio che va da 0 a 100, dove lo zero rappresenta un totale rispetto per la libertà di informazione.
NATALE, RESTA CRITICA POSIZIONE DELL’ITALIA SULLA LIBERTA’ D’INFORMAZIONE – «Anche il rapporto 2013 di Reporter senza Frontiere sulla libertà di stampa nel mondo conferma la situazione critica dell’Italia», lo afferma Roberto Natale Ex Presidente della Fnsi, ora candidato al Senato per Sinistra Ecologia Libertà in Umbria. Sostanzialmente immutata la posizione del nostro Paese (da 61esimo a 57esimo): «nonostante il passaggio dal governo Berlusconi a quello Monti, restiamo ben lontani dalla gran parte delle democrazie dell’Europa occidentale», continua Natale, perché «la diffamazione deve ancora essere depenalizzata e le istituzioni ripropongono pericolosamente leggi-bavaglio. E’ una classifica che imbarazza non meno delle graduatorie finanziarie, e che impegna la coalizione progressista ad una decisa azione di riforma nella prossima legislatura. Bisogna far risalire l’Italia, prosegue l’esponente di Sel, intervenendo sui conflitti di interesse e sulle concentrazioni pubblicitarie e cancellando tutte le forme di intimidazione legislativa all’attività dei giornalisti e dei blogger».

La tecnica è umana e sociale: Raymond Williams

Raymond Williams, Televisione, tecnologia e forma culturale

Sembra ormai quasi banale dire che la televisione fa parte di ‘un intero modo di vita’,
di accogliere e concepire il mondo, in particolare in Occidente. Nonostante l’ovvietà di
questa affermazione il profondo senso storico e filosofico della televisione resta ancora
da scoprire.  In quest’ottica il volume del critico britannico Raymond
Williams  offre una risposta indicativa. Per Williams la televisione non è mai una
questione meramente tecnica, non si tratta di uno strumento ma, come dice l’autore, di
una forma culturale. Se vogliamo parlare di tecnica, dobbiamo evitare di renderla
astratta e distaccata dalle sue condizioni storiche e sociali. In parole povere, e qui ci si
trova vicino ad alcune considerazioni di Heidegger, non si tratta mai di un rapporto tra
la tecnica e il sociale; la tecnica è già umana e sociale. Nella stessa vena diventa
fuorviante parlare di un rapporto tra la televisione e la società; non esiste una storia
autonoma dell’una o dell’altra: si tratta di una configurazione storica in atto. Come tale,
la televisione si propone come risposta allo sviluppo di nuove esigenze sociali, politiche
ed economiche. Con questa prospettiva, Williams ci spinge a considerare la televisione
in termini che ci portano ben oltre la storia specifica dei media e della comunicazione di
massa. L’autore insiste che la forma culturale sostenuta dalla televisione rende
impossibile ridurre la questione alla dimensione squisitamente tecnologica di un mezzo
autonomo. Nelle domande e nelle sfide che orbitano attorno alla televisione come
pratica culturale Williams vede giustamente la riconfigurazione radicale della società
occidentale del ventesimo secolo.

L'uomo che insegnò l'ABC all'Italia grazie alla televisione


Non è mai troppo tardi


Non è mai troppo tardi: questo è il titolo di una famosa trasmissione televisiva mandata in ondia a cadenza giornaliera dalla RAI nel secondo dopoguerra.Il programma era condotto da Alberto Manzi e il fine era quello di insegnare  a leggere e a scrivere agli italiani che avevano superato l'età scolare, ma che non ne erano ancora in grado. Si trattava di vere  e proprie lezioni, tenute da Manzi a classi formate da adulti e analfabeti, nelle quali Manzi si serviva di filmati, supporti audio, dimostrazioni pratiche.Fu proprio grazie alla televisione che tutti impararono la lingua italiana, mentre precedentemente in ogni regione si parlava il relativo dialetto. 

La dibattuta questione dell'invenzione della televisione

L'idea di trasmettere a distanza immagini trasformate in segnale elettrico fu nel 1842 di un inventore scozzese, Alexander Bain. Ma bisogna dire che alla realizzazione della televisione si è arrivati attraverso una serie di piccoli passi, tutti egualmente significativi. La prima data da citare è il 1876: in quell'anno, il fisico tedesco Eugen Goldstein scoprì che in un tubo a vuoto (cioè un tubo di vetro svuotato dall'aria, nel quale le due estremità erano a un diverso potenziale elettrico) scorreva un flusso di radiazioni che andava dal polo negativo ("catodo") a quello positivo ("anodo"). Quelle radiazioni , che nel punto di arrivo generavano un fenomeno di fluorescenza, furono chiamate da Goldstein "raggi catodici". Poi, nel 1888, il tedesco Heinrich Hertz scoprì le radioonde. Nel 1894 l'italiano Guglielmo Marconi scoprì che un lungo filo verticale collegato a un ricevitore di radioonde rendeva i segnali molto più forti e chiari: era stata inventata l'antenna. Nel 1906 il fisico americano Reginald Fessenden realizzò la prima trasmissione radio a modulazione di ampiezza, e nel 1919 Edwin Armstrong costruì un più efficente ricevitore che negli anni Venti permise di dare il via alle trasmissioni radio pubbliche. Nel frattempo, era stato scoperto che un fascio di raggi catodici modulato da un campo magnetico poteva "dipingere" un'immagine su uno schermo. Nel 1923 l'inglese John Baird realizzò il primo impianto televisivo: sei anni dopo la BBC iniziò le trasmissioni. La prima telecamera vera e propria venne inventata nel 1934, mentre la prima trasmissione a colori venne realizzata nel 1953, negli Stati Uniti. 

Quest'anno il primo computer compie 65 anni!

Si chiamava "Small-Scale Experimental Machine", ma i suoi creatori la soprannominarono  "Baby Machine". Era il 21 giugno del 1948 quando Tom Kilburn e Freddie Williams, due ricercatori dell'Università di Manchester in Inghilterra, realizzarono il primo calcolatore digitale: un computer in grado di memorizzare un programma ed eseguirlo. Una scoperta che avrebbe rivoluzionato il mondo e letteralmente cambiato la vita a intere generazioni.

La storia dei calcolatori elettronici è cominciata all'inizio degli anni Quaranta. In Europa si combatteva la Seconda guerra mondiale: gli esperti di criptografia inglesi erano impegnati a decodificare le istruzioni di Berlino ai sottomarini tedeschi. Ma i calcoli erano lunghi e complicati. Così, nel 1943, gli scienziati al servizio del governo britannico costruirono una prima macchina, il Colossus da 30 tonnellate. Il computer aveva però un piccolo difetto: andava riprogrammato ogni volta che bisognava eseguire un'operazione.

Nel 1948 Tom Kilburn, Freddie Williams e i loro colleghi dell'Università di Manchester trovarono la soluzione al problema: la loro "Baby Machine" fu la prima macchina capace di memorizzare i programmi. La memoria del computer era di soli 128 bit e per la prima volta utilizzava il codice binario. Le dimensioni non erano proprio da Personal Computer: la "Baby" pesava circa una tonnellata ed era alta due metri. Nel giugno del 1948, Kilburn scrisse il primo programma per la macchina e Baby Machine si illuminò, analizzando i dati per quasi un'ora, ma alla fine fece il miracolo e riuscì ad arrivare al risultato corretto. Era nato il primo pc della storia. 

domenica 19 maggio 2013

Il personaggio che rappresenta il tema di questo blog

Il personaggio che meglio rapprenta il tema del mio blog è, ovviamente, Umberto Eco.
Lo scrittore piemontese, ha infatti la prerogativa di aver prodotto numerose opere nelle quali la trama ruota attorno all'importanza di altri libri. Oltre a "Il nome della rosa" ricordiamo anche "Il pendolo di Foucault", "La misteriosa fiamma della regina Loana", "La memoria vegetale", "Sulla letteratura", "Il cimitero di Praga".